venerdì 11 dicembre 2020

Fatti ed opinioni

 


E
ra il tardo pomeriggio di domenica 23 marzo 1980 avevo da poco compiuto 13 anni e stavo svaccato sul divano aspettando 90 minuto per vedere i gol del Toro che aveva battuto il milan 2-0 con gol di Zaccarelli e Pulici. Quel giorno Paolo Valenti aprì con le immagini delle volanti sulla pista di atletica dello stadio olimpico di Roma, negli stadi italiani vennero arrestati: Stefano Pellegrini dell'Avellino, Sergio Girardi del Genoa, Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Giuseppe Wilson della Lazio, Claudio Merlo del Lecce, Enrico Albertosi e Giorgio Morini del Milan, Guido Magherini del Palermo, Gianfranco Casarsa, Mauro Della Martira e Luciano Zecchini del Perugia. Altri ricevettero ordini di comparizione, tra cui Paolo Rossi del Perugia, Giuseppe Dossena e Giuseppe Savoldi del Bologna, e Oscar Damiani del Napoli.

Ma cos’era successo… era successo che due commercianti romani, Massimo Cruciani e Alvaro Trinca avevano messo su un sistema per truccare le partite di Roma e Lazio per scommetterci sopra, dopo i primi successi (Palermo-Lazio, Milan-Lazio e Lazio- Avellino) altre partite non raggiunsero il risultato sperato e quindi i due andarono in procura a denunciare per truffa 27 giocatori di serie A e 12 società di serie A e B.

Mentre dal punto di vista penale tutto si concluse con il proscioglimento, e non avrebbe potuto essere diverso, dal punto di vista sportivo furono emesse delle condanne e delle assoluzioni (le cifre di cui si parla oggi sarebbero risibili ma all’epoca erano discrete, Morini venne condannato per aver portato 20.000.000 di lire a Trinca e Cruciani) il quadro del giudizio di primo grado:


Serie A


Società

Milan: retrocessione in Serie B.

Avellino: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981.

Bologna: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981 (caso Bologna-Avellino).

Perugia: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981.

Lazio Lazio: 5 punti di penalizzazione e multa di 10 milioni con diffida.

Juventus: assolta.

Napoli: assolto.

Pescara: assolto.


Tesserati società

Felice Colombo (presidente Milan): radiato.

Tommaso Fabbretti (presidente Bologna): 1 anno (caso Bologna-Avellino).

Giampiero Boniperti (presidente Juventus): assolto

Riccardo Sogliano (direttore sportivo Bologna): assolto.

Marino Perani (allenatore Bologna): assolto.

Giovanni Trapattoni (allenatore Juventus): assolto.

Luís Vinício (allenatore Napoli): assolto.


Calciatori

Enrico Albertosi (Milan): radiato.

Massimo Cacciatori (Lazio): radiato.

Giuseppe Wilson (Lazio): radiato.

Stefano Pellegrini (Avellino): 6 anni.

Mauro Della Martira (Perugia): 5 anni.

Carlo Petrini (Bologna): 3 anni e sei mesi (caso Bologna-Avellino).

Giuseppe Savoldi (Bologna): 3 anni e sei mesi (caso Bologna-Avellino).

Paolo Rossi (Perugia): 3 anni.

Luciano Zecchini (Perugia): 3 anni.

Bruno Giordano (Lazio): 1 anno e 6 mesi.

Lionello Manfredonia (Lazio): 1 anno e 6 mesi.

Franco Cordova (Avellino): 1 anno e 2 mesi.

Piergiorgio Negrisolo (Pescara): 1 anno.

Giorgio Morini (Milan): 10 mesi.

Stefano Chiodi (Milan): 6 mesi.

Oscar Damiani (Napoli): 4 mesi.

Maurizio Montesi (Lazio): 4 mesi.

Franco Colomba (Bologna): 3 mesi (caso Bologna-Avellino).

Andrea Agostinelli (Napoli): assolto.

Giancarlo Antognoni (Fiorentina): assolto.

Claudio Pellegrini (Avellino): assolto.


Serie B


Società

Genoa: assolto.

Lecce: assolto.

Palermo: assolto.

Pistoiese: assolta.

Taranto: assolto.


Calciatori

Guido Magherini (Palermo): 1 anno e 6 mesi.

Claudio Merlo (Lecce): 1 anno e 6 mesi.

Lionello Massimelli (Taranto): 1 anno.

Francesco Brignani (Palermo): assolto.


Qualche mese dopo venne emesso un giudizio di secondo grado che aumento o ridusse alcune pene, il quadro completo:


Serie A


Società


Lazio: retrocessione in Serie B.

Milan: retrocessione in Serie B.

Avellino: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981.

Bologna: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981 (caso Bologna-Avellino).

Perugia: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981.

Juventus: assolta.

Napoli: assolto.

Pescara: assolto.


Tesserati società

Felice Colombo (presidente Milan): radiato.

Tommaso Fabbretti (presidente Bologna): 1 anno (caso Bologna-Avellino).

Giampiero Boniperti (presidente Juventus): assolto

Riccardo Sogliano (direttore sportivo Bologna): assolto.

Marino Perani (allenatore Bologna): assolto.

Giovanni Trapattoni (allenatore Juventus): assolto.

Luís Vinício (allenatore Napoli): assolto.


Calciatori

Stefano Pellegrini (Avellino): 6 anni.

Massimo Cacciatori (Lazio): 5 anni.

Mauro Della Martira (Perugia): 5 anni.

Enrico Albertosi (Milan): 4 anni.

Bruno Giordano (Lazio): 3 anni e 6 mesi.

Lionello Manfredonia (Lazio): 3 anni e 6 mesi.

Carlo Petrini (Bologna): 3 anni e 6 mesi (caso Bologna-Avellino).

Giuseppe Savoldi (Bologna): 3 anni e 6 mesi (caso Bologna-Avellino).

Giuseppe Wilson (Lazio): 3 anni.

Luciano Zecchini (Perugia): 3 anni.

Paolo Rossi (Perugia): 2 anni.

Franco Cordova (Avellino): 1 anno e 2 mesi.

Giorgio Morini (Milan): 10 mesi.

Stefano Chiodi (Milan): 6 mesi.

Piergiorgio Negrisolo (Pescara): 5 mesi.

Maurizio Montesi (Lazio): 4 mesi.

Franco Colomba (Bologna): 3 mesi (caso Bologna-Avellino).

Oscar Damiani (Napoli): 3 mesi.

Andrea Agostinelli (Napoli): assolto.

Giancarlo Antognoni (Fiorentina): assolto.

Claudio Pellegrini (Avellino): assolto.


Serie B


Società

Palermo: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981.

Taranto: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1980-1981.

Genoa: assolto.

Lecce: assolto.

Pistoiese: assolta.


Calciatori

Guido Magherini (Palermo): 3 anni e 6 mesi.

Lionello Massimelli (Taranto): 3 anni.

Claudio Merlo (Lecce): 1 anno.

Francesco Brignani (Palermo): assolto.


Ma veniamo al dopo, per alcuni giocatori la condanna fu una vera e propria damnatio memorie, infatti non solo non tornarono a giocare dopo aver scontato la squalifica ma non trovarono più nessun tipo di incarico nel mondo calcistico (come ad esempio Carlo Petrini) altri invece vennero riaccolti come se nulla fosse, come se in fondo l’illecito sportivo sia stao un incidente di percorso, come un brutto fallo a centrocampo. Rossi tornò in tempo per il mondiale, Giordano e Manfredonia giocarono e vinsero ancora con il Napoli, con la Juventus e con la Roma. Ovviamente con la vittoria del mondiale venne emanata anche una bella amnistia e così, in puro stile italico finì tutto a tarallucci e vino.

Questi sono i fatti nudi e crudi, io da uomo di sport (prima in campo e poi come semplice spettatore) ritengo che il reato più grave che uno sportivo possa compiere è l’illecito, il vendere o comprare un risultato è quando più lontano possa esistere dallo sport ancora più del doping, ma da certe beatificazioni vedo che probabilmente sono l’unico a vedere lo sport con una certa ottica, vista l’età a breve il buon Moggi tirerà le cuoia attendo con ansia i coccodrilli dei giornalisti e, perché no, un bello stadio a suo nome.

sabato 5 dicembre 2020

Un nuovo quartiere e la villa scomparsa

 

La Cittadella sovrapposta alla pianta del nascente quartiere


A metà dell’800 il governo del regno e l’amministrazione comunale decidono di abbattere definitivamente cioò che resta della Cittadella. Si da il via così a un’enorme piano di lottizzazione dei terreni. La corona, ovviamente, specula vendendo a caro prezzo i vari lotti, salvo lavarsi la coscienza concedendo a titolo gratuito vari lotti tra cui quelli su cui nasceranno l’Oftalmico, gli Artigianelli, la chiesa di santa Barbara e l’istituto per sordomuti fondato da padre Assarotti . Nasce così il quartiere che va dalla linea ferroviaria per Milano fino a piazza Solferino. I vari regi decreti che si susseguono dettano le linee costruttive, piazza Statuto viene concepita come sede di ambasciate e ministeri, mentre nelle vie che la circondano nasceranno edifici definiti “da reddito”. Le grandi famiglie dell’epoca investirono immediatamente in quella che sembrava un’ottima operazione speculativa, acquistarono lotti e costruirono case quasi tutti quelli più in vista della città, i Frisetti (Anicetta Frisetti era la moglie di Edoardo Agnelli e madre di Giovanni) che costruiscono la grande casa di via Cernaia tra i civici 26 e 30; la famiglia di quello che sarà il cardinale Martini in via Bertola angolo via passalacqua ecc… In questo contesto molti imprenditori edili acquistano terreni e costruisco con l’obiettivo di vendere interi stabili, tra questi troviamo Fortunato Pelli che acquista diversi lotti, uno di questi è quello che va da corso Palestro a via Manzoni. Sul fronte di via Cernaia costruisce il palazzo caratterizzato dai busti di personaggi famosi (da Cavour a Dante) qui si suiciderà il ministro Giovanni Battista Cassinis nel 1866. Nella parte retrostante incarica Giuseppe Bollati di realizzare, per conto della famiglia Mazzonis di Palafrera una grande villa in stile neoclassico con parco. Dopo la guerra in cui la zona viene duramente colpita dai bombardamenti la villa (che non sappiamo se sia stata danneggiata o meno) viene venduta, demolita e vengono costruiti i tre palazzi che possiamo vedere oggi.

Un breve appunto su cosa si intendeva all’epoca per palazzi da reddito, la nobiltà torinese viveva ancora nei grandi palazzi del centro dovendo fare i conti con gli enormi costi di mantenimento degli stessi e si erano quindi piegati all’ospitare attività commerciali sul fronte strada. Nelle nuove costruzioni dedicate alla piccola nobiltà che non poteva permettersi palazzi oppure alla nascente borghesia imprenditoriale c’era però una rigida divisione degli spazi, a piano terreno le attività commerciali, nell’ammezzato la servitù, al primo piano nobile borghesi, al secondo nobile (il più importante) per l’appunto di nobili decaduti o meno, e poi via a salire fino ad arrivare alle soffitte dove abitava il proletariato.

Progetto per la costruzione della villa - proprietà archivio storico città di Torino



mercoledì 4 novembre 2020

Torniamo alla casella di partenza

 

 Ebbene si a distanza di 8 mesi torniamo alla partenza con un bel lockdown mascherato la situazione è tornata grave e alla fine l'unica soluzione, in assenza di un vaccino, è questa. per tutto ciò vorrei però ringraziare un po' di persone:


- la politica, di maggioranza e di opposizione, di governo centrale o regionale/comunale, che in tutto questo tempo non è stata in grado di trovare soluzioni condivise ma anzi è andata avanti a litigare. Tra DPCM,  parlamentari che negano la presenza del Covid, parlamentari che fanno i giullari su e giù per l'Italia inventandosi di volta in volta medici, virologi o ricercatori;

- l'informazione che ha dato il peggio di se, blandendo e presentando come esperti cialtroni di ogni risma;

- la medicina che ha dimostrato come in certi ruoli si arrivi più per amicizie e appartenenze politiche che per autorevolezza. Medici che vanno in tv  a raccontare che il virus è morto, autonominati premi nobel che straparlano di virus attenuati, minimizzatori, ciarlatani che presentano presunte scoperte scientifiche senza che un giornalista ne chieda ragione;

ed infine...

-  i miei cari concittadini... quelli che "non posso non andare in ferie i bambini rimarrebbero traumatizzati", "le uniche ferie sono quelle dove prendi almeno un aereo o una nave",  "la seconda casa in liguria? roba da vecchi, andiamo in Salento", "vuoi mettere il mare di Sardegna?", "un'estate senza andare a ballare non è estate". Avete sparso il virus anche in territori che erano in qualche modo sotto controllo.


a tutti il mio sano, tonante, meditato e meritato...     VAFFANCULO!

sabato 3 ottobre 2020

Il barbon chic



Da tempo a Torino si aggira un nuovo soggetto… il “barbon chic”. Si riconosce dal modo di vestire Naturalista, Think pink le marche preferite, la nuova tendenza sono i vestiti di fibra di bamboo. Vanno in giro che sembrano aver usato come armadio la discarica, vestiti sformati, di colori improbabili ma accomunati tutti dal costo sempre e comunque sopra la media.

Il barbon chic è ambientalista, gira in bici, in monopattino elettrico, manifesta contro i cambiamenti climatici ma a casa monta enormi condizionatori che sputano aria calda nelle stanze dei vicini. Difende i beni comuni ma se può arraffare un privilegio, tipo tutti i posti bici in cortile, si butta a pesce. Davanti al mondo vota a sinistra, nel segreto dell’urna è salviniano duro e puro. In definitivo è l’ipocrita 2.0 cuore a sinistra ma portafoglio saldamente a destra.

 

martedì 12 maggio 2020

"It ain't over 'til it's over" Yogi Berra un'icona americana

Il 12 maggio 1925 nasceva a Saint Louis in Missouri Lawrence Peter Berra da tutti conosciuto con il soprannome, affibiatogli da un amico che l’aveva visto seduto a gambe conserte come un indù, di Yogi. Figlio di due immigrati italiani inizia a giocare nelle minors agli inizi degli anni ‘40, serie che ritroverà al ritorno dal fronte dopo aver servito in Europa durante la II guerra mondiale.

Nel 1946 viene chiamato dagli Yankes dove sarebbe rimasto fino al 1963 (come giocatore-allenatore) per poi passare ai nei Mets tra il 1964 e il 1971 come coach e dal 1972 al 1975 come manager. Tornò poi agli Yankes come coach tra il ‘77 e l’83 e come manager nel 1984 per essere licenziato all’inizio di quella ‘85. Lavorerà ancora come coach per gli Astros fino al definitivo ritiro nel 1989.

I numeri descrivono un giocatore di altissimo livello 17 stagioni da giocatore (soprattutto catcher) media battuta 285, 358 home runs e 1430 punti battuti a casa, da allenatore 484 partite vinte – 444 perse, 15 volte All Stars, 13 World Series 10 da giocatore e 3 da tecnico. Muore il 22 settembre 2015 a novantanni.

Giocatore iconico non solo per i successi sportivi ma anche per il carattere vulcanico e la lingua tagliente che lo portò a inventare quelli che vennero chiamati “yogismi” alcuni sono famosi ancora oggi anche al di fuori dell’ambiente del baseball, la più famosa di tutte e anche la più utilizzata spesso a sproposito è la celeberrima “It ain't over 'til it's over” (non è finita finché non è finita).

Qui potete trovare una raccolta di frasi e aforismi suoi o attribuiti a lui.

venerdì 8 maggio 2020

"El Trinche"



A volte gli dei dello sport donano il talento a chi, per scelta di vita e di modo di viverla, non lo sfrutta per guadagno personale, per la gloria o per la fama, ma semplicemente perché si diverte a fare quello che fa. Così fu con Tomas Felipe Carlòvich “El Trinche” soprannome di cui nemmeno lui ricordava l’origine.

Figlio di immigrati croati capitati a Rosario in cerca di fortuna, ultimo di sette fratelli, dotato di quel talento che solo i grandissimo conoscono. Cresciuto sui campi in terra di periferia, legato al suo barrio (la Tablada di Rosario) e ai suoi amici, era l’attrazione massima dei campionati minori, i presidenti aumentavano il biglietto quando giocava lui perché Esta noche juega El Trinche”.

Centrocampista di talento, genio, irriverenza, la stessa che lo rivelò agli argentini quando la nazionale organizzò una partita di preparazione ai mondiali del ‘74, come avversario venne scelta una selezione di giocatori della zona di Rosario, l’unico proveniente dalle serie minori era lui “el Trinche” in un ora distrusse l’Albiceleste guidata da Vladislav Cap “el Polaco” che pregò l’allenatore avversario di togliere quel 5 dal campo.

Di lui si racconta che ricevesse un un bonus per ogni tunnel e un bonus speciale per ogni doppio tunnel, il “Doble caño”, che effettuasse; che prima dei mondiali del ‘78 Menotti l’avesse convocato ad un raduno a cui lui non sarebbe mai arrivato perché durante il viaggio aveva visto un bel fiume e si fosse fermato a pescare. Si affacciò solo brevemente al calcio professionista nel Rosario Central ma la nostalgia della sua vita normale non gli consentì di proseguire e di affermarsi ad alto livello.

Tutti i calciatori e allenatori argentini di quel periodo parlano di lui come di un calciatore formidabile, dotato di tecnica, tiro, visione di gioco; nel 1993 Maradona approdò al Newells old boys e al giornalista che gli diceva che tutta la città era orgogliosa di avere il più grande calciatore del mondo lui rispose “il più grande ha già giocato qua: era “el Trinche” Carlòvich.

Se ne andato oggi 8 maggio, aveva appena compiuto 71 anni, per i postumi di una caduta a seguito di una rapina, Due ragazzini l’avevano aggredito qualche giorno fa per rubargli la bicicletta.

Con lui se ne va un pezzo di quel calcio romantico che ormai appartiene solo al passato.


domenica 26 aprile 2020

M. Il figlio del secolo

 




Dopo mesi di faticosa lettura sono giunto alla fine del libro di Scurati. Un libro duro e difficile da digerire per chiunque si professi antifascista. La narrazione mette a nudo la pavidità e l’inutilità di Vittorio Emanuele III re incapace di assumere decisioni. L’ignavia e la pochezza di molti celebrati intelettuali, da Croce a Pirandello a Malaparte, che per comodità, piaggeria e presunta superiorità diedero credito al regime.

L’insipienza di una sinistra che non seppe fare argine ma anzi si perse tra faide interne fino, di fatto, a favorire l’ascesa del fascismo. La contiguità tra ambienti della sinistra e fascismo da Nenni a Bombacci. L’infinita incapacità della vecchia politica italiana a capire i sommovimenti popolari, i Facta, i Giolitti, i Salandra, i Nitti, tutti a modo loro in qualche modo agevolarono l’ascesa di Mussolini. Furono in pochi a mantenere la barra salda da un lato Matteotti e dall’altra Don Sturzo, il primo assassinato il secondo allontanato dalla vita politica dal Vaticano.

Poi c’è lui “il figlio del secolo”, ignorante, puttaniere, un giocatore di poker per alcuni momenti della sua vita incredibilmente fortunato, pavido e vigliacco, voltagabbana in ogni momento della sua esistenza. Che sfrutta la vicinanza della Sarfatti per ripulirsi e accreditarsi presso l’intellighenzia del momento, Sarfatti che una volta conquistato il potere viene man mano allontanata non essendo più utile.

Viene descritto perfettamente il ruolo di D’Annunzio che senza rendersene minimamente conto preso dal suo ego ipertrofico e la sua ricerca continua dell’eroismo fine a se stesso, è colui che in qualche modo legittima un mediocre giornalista come guida per un’Italia che vive sulla retorica di una presunta vittoria “mutilata”, un D’Annunzio che per quattro lire si tacita quando la violenza fascista diventa palese.

Come ho detto all’inizio è un libro duro e difficile che costringe il lettore a continui ricorsi ad altri libri o alle risorse della rete per riprendere fatti, date, biografie di personaggi per riuscire a stare dietro in modo corretto al filo del racconto.

Un libro potente che dovrebbe essere letto soprattutto dai giovani per dimenticare quell’aura di misticismo ed epico valore che circonda la figura di un mediocre giornalista, politico e soprattutto uomo come Mussolini.

sabato 25 aprile 2020

La liberazione di Torino




Il 24 Aprile il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia avrebbe diffuso l'ordine di insurrezione generale con la famosa frase "Aldo dice 26X1" ma già il 18 aprile Torino è bloccata dallo sciopero generale che coinvolge le fabbriche, le scuole, i servizi ed il commercio, le fabbriche sospendono il lavoro e, dove la milizia fascista non lo impedisce con le armi, gli operai escono dagli stabilimenti. Vengono bloccate tutte le attività compresi i trasporti pubblici che la milizia cerca di ripristinare senza successo. Il federale di Torino, Giuseppe Solaro, ordina la repressione ma lo sciopero è un successo

Nel frattempo due colonne tedesche rafforzate da truppe repubblichine (tra i 70.000 e i 75.000 uomini), in fuga ma perfettamente efficienti, si avvicinano alla città al comando del generale Schlemmer. La sera del 24 aprile 1945 alle ore 19.00 il Comitato Regionale Militare Piemontese (Cmrp) da il via all’insurrezione nonostante il mancato aiuto delle forze alleate al comando del colonnello Stevens che anzi propone di isolare la città facendo saltare i ponti ordine che, fortunatamente, le forze partigiane non eseguono.

Il piano prevede che tutte le formazioni partigiane della zona marcino sulla città, nel frattempo i partigiani già presenti  con le formazioni della GAP (Gruppi d’azione Patriottica) con la collaborazione delle SAP (Squadre d’azione patriottica) entrambe formazioni di ispirazione garibaldina, le prime sono veri e propri gruppi di fuoco che operavano nelle città le seconde organizzate soprattutto nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Sono loro a reggere l’urto delle forze tedesche e repubblichine nelle periferie tra il 25 e il 27 aprile e a occupare le fabbriche dei settori nelle quali è divisa la città con molte difficoltà tra Mirafiori e Lingotto. Nella notte del 25 aprile i nazifascisti riescono a rioccupare la RIV e la FIAT ricambi ma le altre fabbriche rimangono saldamente in mano alle forze di liberazione.

Nel frattempo le truppe nazifasciste penetrano in città ma riescono a controllare di fatto solamente il centro occupando Prefettura, Comune, la sede della Gazzetta del Popolo. Il 26 iniziano le prime trattative diplomatiche i fascisti offrono il passaggio di poteri, mentre i tedeschi chiedono un corridoio di libero transito per uscire dalla città in cambio del suo sgombero dichiarandola “aperta”, nel mentre attaccano comunque le fabbriche occupate e armate che potrebbero diventare un ostacolo alla loro uscita dalla città. Il comando partigiano rifiuta queste condizioni e i combattimenti continuano. Finalmente il 27 entrano in città le truppe partigiane provenienti dalle valli in evidente ritardo rispetto all’insurrezione. Lo stesso giorno Schlemmer offre una nuova soluzione per evacuare la città minacciando altrimenti la distruzione della città, il CLN rifiuta. Nella notte i nazifascisti, consapevoli di non poter resistere, forzano i blocchi e si dirigono verso Chivasso evitando di attraversare la città ma sfilando lungo le periferie.

Il 28 la città è liberata, le forze del CLN occupano i centri del potere e le caserme. In questi giorni in ossequio al piano di resistenza elaborato da Solaro il dispiegamento di cecchini fascisti miete centinaia di vittime sia tra i civili che tra le forze partigiane. Il Solaro viene arrestato in uno scantinato del Consorzio agrario di via Gioda insieme al fratello e ad altre due camicie nere, non si erano infatti uniti alla colonna delle Brigate nere che erano uscite dalla città. Dopo un processo sommario, come molti in quei concitati giorni, viene condannato a morte e impiccato allo stesso albero, posto all’angolo tra corso Vinzaglio e via Cernaia, al quale erano stati impiccati il 22 luglio 1944 Ignazio Vian, Battista Bena, Felice Bricarello e Francesco Valentino.

L’arrivo delle truppe alleate avverrà il 3 maggio.

 “Dietro ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta.” (P.Calamandrei)

(rivisto il 24 Aprile 2024)

lunedì 23 marzo 2020

Auguri al maestro Battiato

 


Oggi compie 75 anni uno dei maggiori geni musicali e poetici che l’Italia abbia mai avuto, Musicista geniale e sperimentatore capace di passare dalla musica sinfonica all’elettronica più spinta, innovatore sia a livello musicale che testuale.

Autore di perle indimenticabili della musica italiana. Probabilmente l’oscura malattia così ben protetta dai suoi familiari non gli consentirà mai più di salire su di un palco oppure di scrivere nuova musica ma voglio ringraziarlo lo stesso per le pagine meravigliose che ci ha regalato.

In questo momento così difficile per l’Italia e per il mondo vorrei ricordarlo con un verso della sa canzone “Prospettiva Newskij” nel quale dice “E il mio maestro mi insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire.” dopo il buio c’è sempre la luce ma la difficoltà sta nel non demoralizzarsi e continuare a cercarla.

giovedì 12 marzo 2020

Resilienza

 




La parola resilienza in psicologia viene usata per indicare la capacità di reagire davanti ai traumi. Via via nel linguaggio comune degli ultimi anni ha perso buona parte di questo significato venendo utilizzata anche quando il trauma vero e proprio non c’è: vieni abbandonato/a dal tuo/a compagno/a? “sii resiliente”, vieni licenziato? “sii resiliente”. In realtà questa parola andrebbe usata e non abusata e dovrebbe essere riservata ai veri traumi, domandatevi se sono stati resilienti Primo Levi o Liliana Segre, se lo sono stati i sopravvissuti all’11 settembre e così via.
La storia ci insegna che l’umanità stessa è resiliente, è sopravvissuta ed è andata oltre a tremende pestilenze e calamità naturali, solo nel ‘900 ha assorbito le conseguenze delle due peggiori guerre della storia e di due epidemie devastanti, l’umanità si è sempre rialzata ed è andata avanti, esattamente ciò che capiterà anche questa volta davanti a una pandemia potenzialmente catastrofica, saremo resilienti anche a nostra insaputa, lo saremo come genere umano e non come singolo individuo. Da questi giorni bui trarremo insegnamenti imparando che la tecnologia, la scienza e tutto il sapere umano è sempre e comunque un passo indietro rispetto alle sorprese che la natura ci può riservare.

lunedì 27 gennaio 2020

Che la memoria sia memoria



Perché la memoria sia tale occorre che venga continuamente ricordata altrimenti si perderà nelle nebbie della storia. E' il caso dell'Olocausto e del Porajmos che coinvolsero ebrei, rom e sinti durante la seconda guerra mondiale. Per farlo l'artista tedesco Gunter Demnig ha inventato le Stolpersteine e cioè le pietre di inciampo che consistono in un blocco di pietra coperto da una piastra di ottone che riporta le generalità del deportato, la data del suo arresto e la data e luogo della sua morte. Di solito tali pietre vengono poste davanti alle abitazioni o ai luoghi di lavoro della persona ricordata.  Dal 1992 a oggi sono state posate oltre 72.000 pietre in tutta Europa, di queste 120 sono posizionate a Torino, ognuna di loro racconta una storia e oggi voglio raccontare quella dei fratelli Enrico e Benvenuto Colombo e del figlio di questi Mario. 



Vivevano con le famiglie in piazza Castello 15 (oggi 161 sede della Regione Piemonte) ed erano proprietari del negozio di tessuti e abbigliamento "Alle province d'Italia". All'indomani delle leggi razziali del 1938 si trovarono costretti a cedere il controllo dell'attività a un dipendente di fiducia. Si rifugiarono prima a Nizza e poi, allo scoppio della guerra nelle Valli di Lanzo. Con l'8 settembre 1943 la fondazione della Repubblica di Salò e la conseguente occupazione nazista iniziarono le deportazioni e con loro le delazioni dei tanti italiani che denunciarono amici, vicini di casa, conoscenti per la folle cifra di 5.000 lire (circa 1.600 euro attuali) per ogni denunciato. Il dipendente in cui riponevano fiducia li invitò a Torino per parlare dell'attività, vennero arrestati il 27 ottobre 1943 al caffè zucca di via Roma. Trasportati prima a Milano e poi ad Auschwitz il 6 dicembre 1943 i primi due, rispettivamente classe 1880 e 1882) non superano la selezione iniziale e vengono assassinati l'11 dicembre. Mario classe 1914 muore il 30 marzo 1944. Il delatore, che si appropriò dell'attività commerciale dei Colombo e di cui non viene tramandato il nome, verrà processato ma prosciolto per l'avvenuta amnistia decretata per i reati di guerra.

Quest'amnistia nata e voluta dal governo De Gasperi con Togliatti Guardasigilli, nacque con l'intento di pacificare il paese ma, grazie all'ambiguità delle formule scelte e alla benevolenza di una magistratura che non venne praticamente scalfita dalla caduta del fascismo,  venne applicata in modo decisamente lasco e così assassini, macellai e delatori (gente come Graziani, Borghese, Almirante, Mario Robotti, Mario Roatta) potessero serenamente morire nei loro letti senza mai pagare per il male fatto. All'amnistia Togliatti ne seguirono altre che di fatto chiusero la partita seconda guerra mondiale senza fare i conti con il passato e i danni di questa politica li possiamo vedere ancora oggi con, ad esempio, l'intolazione di vie a Giorgio Almirante (qui un breve riepilogo della sua azione durante la dittatura).

A chi molte volte straparla di cose buone fatte dal fascismo, di una dittatura tutto sommato "leggera" ricordiamo che la vita di un uomo valeva 1.600 euro.

Se questo è un uomo


Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

lunedì 20 gennaio 2020

I bei tempi andati...





Immagini tratte da "Torino, immagini... parole... inedito di una città" Michele Florio ed. Milva- 1985
Sovente sui gruppi dedicati alla città di Torino a commento di immagini degli anni '70 e '80 appaiono post nostalgici del genere "una volta si stava bene non come oggi", "Torino era sicura non come oggi" ecc... E' evidente che si tratti di una narrazione senza alcun fondamento logico o statistico e lo dicono le cronache e i numeri. Tanto per fare un esempio di come oggi la qualità complessiva della vita sia infinitamente migliore di 20-30-40 anni fa invito a leggere gli archivi dei giornali, ad esempio
La Stampa 12 dicembre 1992
La Repubblica 29 ottobre 1988

Anche andando a vedere la statistica relativa alla speranza di vita tra il 1970 e il 2016 si vede che gli uomini e donne hanno guadagnato 8 anni (da 70 a 80.5) le donne (78-86)

La Stampa 16 dicembre 2016

Per quanto riguarda la delinquenza è interessante questo articolo de ilfoglio.info  nel quale lo spaccato della Torino anni '60 e '70 risulta essere, almeno nella percezione dei cittadini, quello di una città decisamente insicura quindi di fatto esattamente come oggi, ma era vero?  Una risposta la otteniamo ad esempio da questo articolo del Corriere della sera del 18 febbraio 2013 nel quale si può leggere la pazzesca cifra di venti omicidi all'anno all'inizio dei '70, era una città in mano alla guerra tra Catanesi e Calabresi, alla quale si aggiunse la follia degli anni di piombo che portarono a Torino 19 morti e 70 feriti tra il 1975 e il 1982. Si può ragionevolmente dire che Torino fosse veramente una città pericolosa.

Il "si stava bene" a volte sfida anche la realtà storica la Torino degli anni '70 aveva interi quartieri realmente degradati in alcuni casi erano ancora presenti ruderi risalenti ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. E' il caso di quello che oggi chiamiamo Quadrilatero Romano che 40 anni fa era ben lungi dall'essere un luogo di ritrovo e divertimento ma piuttosto un porto di approdo dei disperati dell'ultima grande immigrazione dal sud che spesso occupavano case fatiscenti. Sempre di quegli anni sono le occupazioni delle case di Falchera con tutte le tensioni (e un omicidio) che ne conseguirono e la crescita del disagio giovanili e della delinquenza a Mirafiori Sud o alle Vallette.

Questo non vuol dire che oggi Torino sia una città perfetta o che sia il nuovo eden, certo ci sono difficoltà e tensioni ma nulla di paragonabile al passato.