In queste ultime settimane mi sono imbattuto, non mi ricordo se tramite un commento su twitter oppure in qualche podcast, in tre libri che si occupano di alimentazione. Uno scritto da uno storico e due da un professore universitario che si occupa di storia delle imprese. Io sono un appassionato di gastronomia e della sua storia e, notoriamente, odio la retorica e gli stereotipi sul cibo e sulla cucina italiana e tutto lo slowfoodismo che sembra abbia contagiato tutta la nazione.
Il primo si intitola "Il mito delle origini" sottotitolo "breve storia degli spaghetti al pomodoro" scritto da Massimo Montanari, il quale ripercorre tutta la storia della pasta e poi della sua versione più conosciuta e quindi quella condita con il pomodoro. Viene sfatato anche qualche mito a partire da quello che il consumo della pasta sia antico e diffuso in tutta l'Italia quando in realtà è, relativamente, recente risalendo al XVII° secolo e perlopiù confinato alla zona del napolentano e condita quasi esclusivamente con formaggio e burro per i più abbienti e formaggio e lardo per il popolo. L'uso del pomodoro arriverà non prima dell'800 e quello dell'olio ancora più tardi diffondendosi a cavallo delle due guerre per trovare la sua consacrazione negli anni'50 del '900 quando venne anche inventata la tanto celebrata dieta mediterranea creata dal nulla da un medico americano Ancel Keys (inventore anche della mitica razione K dell'esercito USA).
Gli altri due, "denominazione di origine inventata" e "Parla mentre mangi" sono invece opera di Alberto Grandi e vertono su quanto la cucina italiana sia prigioniera di storie, storielle e vere e proprie invenzioni. Quella che noi chiamiamo cucina regionale di fatto non esiste, anche perchè le regioni sono invenzioni recenti, e alla prova dei fatti quella che noi oggi tanto celebriamo non ha più di cinquant'anni ed è figlia del benessere del secondo dopoguerra. Grandi passa in rassegna ad alcuni dei prodotti più celebrati della nostra industria alimentare e alla verifica dei fatti possiamo scoprire che il lardo di colonnata non è poi così tradizionale come ci viene raccontato e che le prima citazioni risalgono alla fine del '900 quando vennero costruiti a tavolino una storia e un brand facendo riferimento agli schiavi romani oppure a michelangelo. L'autore continua distruggendo a piccoli passi ma con un solido apparato scientifico diversi miti italiani, dal parmigiano agli arancini, riconducendo molte di quelle che noi consideriamo eccellenze a periodi molto più vicini a noi e soprattutto al potere del marketing e della politica che sguazzano nel mare delle denominazioni varie (DOC, DOCG e chi più ne ha più ne metta).