giovedì 21 novembre 2019

Band of brothers



I had a friend was a big baseball player”

Chissà quale percorso spazio-temporale ha fatto si che un gruppo casuale di bambini/ragazzi si sia ritrovato nello stesso posto per praticare uno sport che, in buona sostanza, in Italia era ed è semisconosciuto. In quella primavera di metà anni’70, in una Torino depressa dal terrorismo e da una crisi economica che non avrebbe tardato ad arrivare, alcuni di loro si trovarono in un campetto un po’ scrauso tra via Passobuole e via Pio VII. Alcuni di loro erano lì perché i loro padri, o madri, avevano praticato quello sport, altri perché a farlo erano stati i loro fratelli maggiori, alcuni in modo assolutamente casuale, fu il caso mio e di mio fratello per i quali, imprevedibilmente, il fato aveva fatto si che il padre lavorasse in una fabbrica (salm, eurosalm? chissà!) davanti al campo e che la sorella di Gildo Faletti si facesse i capelli da mia zia. Altri arrivarono per caso, amici di amici, passaparola e chissà che altro. Era un coarcervo di persone e di ceti, figli di operai, di muratori, di commercianti ecc… tutti insieme senza badare troppo da dove si arrivava. Da piccoli non avevamo coscienza di noi nel senso che non avevamo ancora sviluppato quel senso di appartenenza e di “branco” che avremmo avuto dopo. 



Ci si allenava due volte la settimana in primavera ed estate e una in autunno e inverno (di domenica così c’erano meno problemi a farsi portare dai genitori). Via Passobuole era frequentata da persone improbabili ma perfettamente inserite in quel mondo un po’ naif. I ricordi di ragazzino con Brit, al secolo Italo Brenchio classe 1924 olimpionico di marcia, che allenava le sue squadre miste in costume da bagno leopardato e cappellaccio da cowboy in testa, oppure che faceva la doccia con noi lavandosi, lui che lavorava ai mercati generali, con cetrioli e pomodori. Sellari che aveva una visione sociale dello sport, non solo risultato ma anche riscatto; di qui le sue squadre formate da ragazzi difficili di quartieri difficili, mirafiori sud, mirafiori nord, borgo cina e che fino all’ultimo ha portato avanti il suo baseball fatto di inclusione. Pucci e Piek, i due grandi del softball non solo torinese o piemontese ma italiano, con il loro enorme danese wotan che correva per il campo insieme alle ragazze che si allenavano. 


Faletti e Giglioli, cane e gatto; riuscivano a litigare anche nelle partite dei ragazzini, e parte di quei ragazzini eravamo noi. 

Campionati strani, un anno giocammo 6 partite contro la stessa squadra, la juventus, in altri giravamo praticamente solo la val di susa: avigliana, rosta, sant’antonino, sant’ambrogio e villardora per un certo periodo “Gli Avversari” in epiche sfide punto a punto e a un certo punto quasi gemellati quando qualcuno di noi andò a Villardora e qualcuno di loro venne a Torino per cercare l’assalto al titolo italiano. Sogno che si infranse a Rho in una partita condita da un arbitraggio abbastanza indegno per di più da un arbitro torinese.
Ecco il campionato italiano, a quello ci siamo arrivati una sola volta, nel 1983, a Castiglione della Pescaia, ci siamo sempre fermati agli spareggi interregionali una volta mole’s friends, una volta Rho, una volta Collecchio… Collecchio la sconfitta che più brucia e forse ricordiamo tutti, 42-0 una diversità imbarazzante e dire che avevamo pure il prestito, di cui non faccio il nome, che disse “tranquilli io lancio nella juventus” se non ricordo male scese dal monte al secondo con sul groppone una ventina di punti. In definitiva in un decennio di dominio giovanile siamo riusciti ad arrivare ai nazionali una sola volta, una soddisfazione enorme per tutti anche se il risultato, che lascia un po’ di amaro in bocca per via della partita con il Bologna persa 5-4, passa in secondo piano. Nel frattempo al nucleo originario si erano aggiunti altri ragazzi, chi da squadre diverse, chi totalmente ex novo si erano integranti con noi. Il segreto di quella giovanile, capace di giocare e vincere nella propria categoria e in quella superiore a volte pure nella stessa giornata con folli spostamenti in auto, era proprio l’amicizia. Eravamo squadra in campo e fuori e i problemi tra di noi, e ci sono stati arrivando a volte alle mani, sono sempre rimasti nello spogliatoio. Molti di noi uscivano insieme al sabato con pochi o nessun soldo in tasca, in giro a piedi o in bus eppure ci stava bene pure quello. Poi sono venuti gli anni della prima squadra, la B, la C alti e bassi, allenatori improbabili e a volte pure incapaci eppure lo spirito tra di noi non è mai venuto meno anche con i nuovi arrivati e con chi si è aggregato alla ciurma strada facendo. Tanti sono andati via, chi in altre squadre, chi semplicemente ha seguito la sua vita: il lavoro, la famiglia da mettere su; infine si è arrivati al 1992 l’ultimo nostro campionato, abbiamo smesso di esistere come squadra ma non come gruppo che in parte ha ancora continuato a ritrovarsi in altre realtà sportive. 
Oggi alla fine del 2019 cosa è rimasto di quei vent’anni? Ci si era persi di vista, qualcuno aveva continuato nell’ambiente, altri erano “dispersi” in altre faccende eppure al momento di ritrovarci e rivederci è stato quasi automatico non accorgersi del tempo passato, certo molti chili in più, tanti capelli in meno eppure certe dinamiche sono rimaste intatte se non fosse stato per l’aspetto fisico avrebbe potuto essere una serata di fine anni ‘80 magari da Su Forru a svuotare il frigo delle birre. Athos e Luca i fratelli maggiori (d’altronde l’anagrafe non mente), Massi, Roby e Sergio più seri e riflessivi, Max e Leo cugini in tutto e per tutto, cane e gatto, acqua e olio eppure uniti, quasi fratelli. Ciano con la sua lingua tagliente e chirurgica, poi ci sono io minchione a tutto tondo con un animo da dodicenne in un fisico bolso di mezz’età.
Friends will be friends
When you're in need of love they give you care and attention
Friends will be friends
When you're through with life and all hope is lost
Hold out your hand 'cause right till the end


p.s. un ricordo doveroso a chi ha percorso un pezzo di strada con noi e oggi non c’è più, che la terra vi sia leggera.

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