Il XVIII Dicembre 1922, quando Torino
assistette a una delle maggiori cacce all'uomo a cui si dedicarono
gli squadristi fascisti guidati da Piero Brandimarte e appoggiati da
quadrumviri torinesi Scarampi, Voltolini, Monferrino e Orsi. La notte
prima c'era stato un conflitto a fuoco tra fascisti e comunisti nel
quale erano rimasti uccisi due militanti mussoliniani. Immediata fu
la rappresaglia che con il consueto stile fascista non si rivolse
verso gli autori del fatto ma contro militanti (o presunti tali)
della parte avversa scelti perlopiù a caso, Brandimarte ebbe a dire
"Noi possediamo l'elenco di oltre 3000 nomi di sovversivi.
Tra questi ne abbiamo scelti 24 e i loro nomi li abbiamo affidati
alle nostre migliori squadre, perché facessero giustizia. E
giustizia è stata fatta." Vennero date alle fiamme la
Camera del lavoro sita a fianco al Mastio della Cittadella, il
circolo anarchico dei ferrovieri, il Circolo Carlo Marx e devastata
la sede de L'Ordine Nuovo (il giornale fondato da Gramsci, Terracini,
Togliatti e altri). Tra il XVIII e il XIX Dicembre caddero
(ufficialmente) 11 persone, più un numero imprecisato di feriti e di
scomparsi. Alcuni di questi vennero uccisi in modo barbaro, Pietro
Ferrero venne trascinato legato a un veicolo su e giù per corso
Vittorio Emanuele II, fino ad essere abbandonato, irriconoscibile, ai
piedi del monumento al primo Re d'Italia, altri vennero attesi sotto
casa e freddati davanti alle famiglie. Il duce in persona si
complimentò con Brandimarte anche se al Prefetto di Torino disse
"Come capo del fascismo mi dolgo che non ne abbiano ammazzato
di più; come capo del governo debbo ordinare il rilascio dei
comunisti arrestati". Nel 1946 la città di Torino dedicò
alle vittime, ricordate con una lapide posta sull'angolo tra la
piazza e la Via Cernaia, la piazza prospicente alla Stazione di
Porta Susa. Purtroppo gli autori della strage rimasero impuniti e
nonostante le roboanti dichiarazioni e assunzioni di responsabilità
di Brandimarte, nel 1952 la Corte di Appello di Bologna (il processo
era stato spostato prima a Firenze e poi a Bologna) lo assolse per
mancanza di prove (ennesima porcata fatta in nome della pacificazione
nazionale), l'assassino morirà nel suo letto e ai suoi funerali un
reparto di bersaglieri gli renderà gli onori militari.
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