martedì 5 marzo 2019

Il nome della rosa, le mie impressioni - work in progress



Ho voluto vedere la prima puntata cercando di non essere prevenuto. Ho amato, e amo, alla follia il libro. L'ho letto e riletto e quindi, pur non essendo un intellettuale mi reputo perlomeno esperto. Pronti via e subito ci troviamo un Adso in cotta e elmo su di un campo di battaglia. Non si sa da dove sia uscita questa corbelleria visto che nel prologo Eco fa dire al novizio:

 "Ecco com'era la situazione quando io - già novizio benedettino nel monastero di Melk - fui sottratto alla tranquillità del chiostro da mio padre, che si batteva al seguito di Ludovico, non ultimo tra i suoi baroni, e che ritenette saggio portarmi con sé perché conoscessi le meraviglie d'Italia e fossi presente quando l'imperatore fosse stato incoronato in Roma. Ma l'assedio di Pisa l'assorbì nelle cure militari. Io ne trassi vantaggio aggirandomi, un poco per ozio e un poco per desiderio di apprendere, per le città della Toscana, ma quella vita libera senza regola non si addiceva, pensarono i miei genitori, a un adolescente votato alla vita contemplativa..."

Quindi niente battaglie e niente sangue. Subito dopo Adso incontra Guglielmo e si assiste a una scenetta che non potrebbe in nessun modo essere uscita dalla penna di Eco tanto è didascalica e fuori dalle righe. Guglielmo sta con i lebbrosi e condivide il pane con loro, arriva un altro malato e lui scende dalla scalinata su cui si trovava e corre ad abbracciarlo, in questo momento Adso inizia a seguirlo fino a diventarne discepolo. Ecco tutto bello, tutto edificante ma il libro dice:

 "...E fu su suggerimento di Marsilio, che aveva preso a benvolermi, decisero di pormi accanto a un dotto francescano, frate Guglielmo da Baskerville..."

Arrivano finalmente all'abbazia e tra gli altri incontrano il cellario, Remigio da Varagine. Ecco come Eco ce lo presenta:
"Il cellario era un uomo pingue e di aspetto volgare ma gioviale, canuto ma ancora robusto, piccolo ma veloce."
ecco non mi sembra decisamente la descrizione di Fabrizio Bentivoglio.
La vicenda si svolge nel novembre 1327 in nord Italia, quindi ci si aspetta un ambiente brumoso e freddo... abbiamo invece un tappeto di neve da presepe, una luce quasi estiva e personaggi che vagano per abbazia e foresta poco vestiti.


Aggiornamento al 6 marzo

altro appunto  alla sceneggiatura è la mancanza completa (al momento ma la scansione logica degli eventi non fa presagire nulla di buono)  della figura di Ubertino da Casale. Figura centrale sia nella spiegazione dell'eresia dolciniana (con tanto di excursus sui predecessori di Dolcino). L'incontro con Guglielmo appena arrivato all'abbazia spiega tutto ciò che serve per capire i motivi della disputa teologica che avverrà. Ma anche l'incontro con Adso ha un'importanza vitale per la storia spingerà il novizio ad entrare nello scriptorium ad approfondire la vicenda dolciniana e dove ricorderà l'esecuzione vista a Firenze di un tal Fra Michele e, non ultimo, sarà all'uscita dello scriptorium che si ritroverà nelle cucine e verrà coinvolto nei commerci di Remigio e Salvatore e quindi a conoscere la ragazza.
A questo proposito non posso che rimarcare il tentativo di trasformare un libro che per sua natura è cupo in una storia degna di un fotoromanzo con l'inserimento di figure femminili che cercano di togliere quell'aura misogina tipica di un convento (ma anche della società) del '300.

Aggiornamento al 12 marzo

purtroppo, a causa di un impegno, non son riuscito a vedere la puntata completa che vedrò di recuperare, ma nella parte a cui ho assistito erano presenti tante di quelle corbellerie che non posso far altro che sottolineare. 
Già il viaggio di Gui per arrivare all'abbazia non c'entra un piffero se a questo aggiungiamoi flashback sul suo incontro con Dolcino e Margherita e il suo essere penitenti si capisce che non è più "il Nome della Rosa" . La chicca è la presenza di Anna che possiamo definire un misto tra la ribelle di Disney e la Joanna de "La Freccia nera" le scene di combattimento sono quanto più lontano esista dalla penna del maestro.
Veniamo quindi a Salvatore l'interpretazione di Fresi è quella che è ma alla fine la fisicità non è manco male, tralasciamo il fatto che si siano inventati un'occupazione come cartaio che nel libro è completamente inesistente, tralasciamo che fiuti le donne come un cane da piuma le pernici, ma quello su cui non si può veramente soprassedere è il linguaggio. Salvatore parla un misto di latino, volgare italiano con qualche parola di franco-provenzale, qui invece sembra un turista italiano a ibiza arrivato ormai al quinto mojito, quando si finge di parlare spagnolo aggiungendo qualche "s" a caso alla fine delle parole. Certo che doversi confrontare con l'interpretazione di Perlman non è affatto semplice ma pare più che il personaggio sia un riempitivo piuttosto che uno dei cardini della storia.
mi riprometto di concludere la visione della puntata per poi analizzarla.

Aggiornamento al 19 marzo

Lo ammetto faccio fatica a seguirlo... la terza puntata è farcita di fatti e persone completamente inventati. La disputa teologica che dovrebbe essere un momento "alto" della storia perchè chiarisce l'ambientazione e le motivazioni dei contendenti viene trasformata in un'asssemblea di condominio con tanto di rissa. Salvatore diventa una specie essere immondo che rapisce le donne, Remigio sembra uno di quei vecchi brigatisti che vivono macerati dai ricordi di un passato attivo e si ritrova a spiegare il menù della cena. Adso passa il tempo a giocare al dottore con la bella occitana e non si capisce bene perchè sta storia sia stata piazzata in mezzo al tutto. Insomma un guazzabuglio senza capo nè coda.

                     <segue>


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