martedì 22 marzo 2016

Bruxelles 2016

Un altro attentato ha scosso la capitale belga e subito l'italico ciarpame politico ha iniziato a berciare in modo squallido... tralascerei questi signori, il cui parere equivale a quello di una seppia in umido, per concentrarmi sul "cosa fare". Innanzitutto mi piacerebbe che la si piantasse con la scemenza immigrazione=terrorismo, le due cose non sono legate e non potrebbero essere più lontane. Quasi tutti i terroristi di parigi e molto probabilmente quelli di oggi sono nati, cresciuti, educati e istruiti in Europa. La domanda diventa allora "Perchè" , la prima risposta è data dalle politiche di integrazione messe in atto da Francia e Belgio che non hanno dato sbocchi di vita a questi nuovi cittadini, i loro padri  arrivavano dal nulla e quindi anche vivere in un ghetto, con pochi servizi e in case non propriamente belle era comunque un passo avanti rispetto alla vita che facevano prima, i loro figli invece che sono nati qui e tutto quello che conoscono è il ghetto vorrebbero andare oltre e qui i sistemi di integrazione hanno fallito, bassa scolarità, nessuna possibilità di avanzamento sociale, nessuna possibilità di vita alternativa a quella del ghetto. Le vie rimangono quindi due, la criminalità comune legata allo spaccio e al piccolo furto, oppure la radicalizzazione religiose. E qui c'è il secondo enorme errore dell'occidente che per anni non ha badato a ciò che succedeva nelle banlieu e soprattutto ha lasciato che i movimenti terroristici mediorientali, resi ancora più forti e radicali dalla guerra in iraq e dalla situazione siriana, continuassero a fornire a questi giovani soldi, logistica, addestramento, armi. Finchè l'Europa non inizierà a tagliare alla radice Daesh bombardando i campi di addestramento, tagliando le possibilità di finanziamento e bloccando i viaggi di questi giovani da e per la Siria non risolverà niente. Il secondo passo dovrà farlo sul piano interno, radendo al suolo i quartieri dormitorio e le città satellite e ripensando completamente l'organizzazione delle città per evitare di avere intere aree fuori dal controllo dello stato.